Frank Zappa – “Meat Light”, Chicago ’78”, “Little Dots”
“Meat Light“, “Chicago ’78” e “Little Dots“. Questi sono i titoli delle ben 3(tre) release che la ZFT ha prodotto a novembre di quest’anno, arricchendo il già molto ricco catalogo postumo di Frank Zappa.
Jacopo Muneratti ha recensiti tutti e tre gli album, al prezzo di un unico articolo, per voi lettori di Rock by Wild. Una dissertazione più ampia di tutte le uscite postume di Frank Zappa la potete trovare sul suo blog, “Good Times Bad Times” – link
Sebbene nel 2013 Gail Zappa ci ricordasse costantemente che quello sarebbe stato l’Anno di Zappa, sembrerebbe che tale periodo sia stato posticipato ad ora. Se, da un lato, questo 2016 è stato un po’ segnato da una querelle tra i figli Dweezil e Ahmet, di cui abbiamo parlato più diffusamente nell’articolo dedicato a due uscite postume avvenute quest’anno, dall’altro la discografia zappiana si è adornata di ben sette nuove uscite:
Il terzo volume della serie “Road Tapes“, dedicata a quei concerti di una certa importanza storica ma preservati in nastri non di qualità audio professionale, contenente i due live registrati a Minneapolis il 5 Luglio 1970, dai quali è stata inclusa “The Nancy and Mary Music” su “Chunga’s Revenge” (1970).
“The Crux of The Biscuit“, quarto capitolo della serie “Project/Object“, dedicata ai making of degli album di Zappa, in questo caso “Apostrophe (‘)” (1974) e “Frank Zappa for President”, un misto che unisce alcune composizioni inedite per synclavier a versioni dal vivo o alternative di alcuni pezzi di critica sociale o valore politico; Entrambi gli album da noi recensiti qui – link
“Zappathite“, una compilation che non contiene nessun inedito ma che, attualmente, è l’unica antologia ancora in stampa presente in tutta la discografia.
I tre album usciti a Novembre, di cui parleremo in questo articolo: “Meat Light“, “Chicago ’78” e “Little Dots“.
A queste uscite, vanno aggiunte le nuove edizioni in vinile di “Cruising with Ruben & The Jets“, “Joe’s Garage“, “Lumpy Gravy“, “Weasels Ripped My Flesh” e “We’re Only In It For The Money“, prese rigorosamente dai Master originali analogici e presentate con una particolare cura sia nel suono, sia nel packaging. Sperando in un 2017 altrettanto prolifico, per la gioia delle nostre orecchie e la disperazione dei nostro portafogli, vediamo un po’ nello specifico in cosa consistono le ultime tre uscite.
MEAT LIGHT
In preparazione da anni, questa è senza dubbio una delle pubblicazioni più attese dai fan zappiani. Si tratta, infatti, del Project/Object di “Uncle Meat“, monumentale album doppio del 1969, da molti considerato il capolavoro dei Mothers of Invention. Di sicuro, si tratta di un disco importante nella cronologia zappiana. L’album, originariamente pensato come la colonna sonora di un omonimo film, è stato registrato in varie fasi della carriera dei Mothers ed è il primo nel quale si presenta come un compositore “serio” anche in un ambito rock, fondendo insieme vari stili musicali. Il disco accosta vari scherzi doo–wop e pezzi satirici (“The Air“, “Electric Aunt Jemima“), a composizioni più ricercate (“Uncle Meat“, “The Legend of the Golden Arches“, “Project X“, “King Kong“), passando per cose che potrebbero stare in entrambe le categorie (“Dog Breath“, “Mr. Green Genes“, “Cruising For Burgers“), frammenti di audio veritée (memorabile “If We’d All Been Living in California…“, una registrazione nella quale il batterista Jimmy Carl Black si lamenta con Zappa del fatto che il gruppo non stia facendo abbastanza soldi), estratti dal vivo (“Ian Underwood Whips It Out“, l’ultima parte di “King Kong“), scherzi (“Louie Louie” suonata con l’organo della Royal Albert Hall, “God Bless America” eseguita con il kazoo) e vere e proprie composizioni di avanguardia pura e raffinata (“We Can Shoot You“).
Quando ristampò il suo catalogo in CD, Zappa modificò molti album: un po’ per non renderli delle mere copie della versione in vinile, un po’ per rivisitare alcune scelte che, col tempo, cominciavano a sembrargli poco azzeccate. “Uncle Meat” venne completamente riequalizzato e bagnato da molto riverbero, forse per coprire i danni al nastro originale e a “Mr. Green Genes” venne dato un nuovo mix. Zappa, inoltre, inserì tra il terzo e il quarto lato del disco originale, ben 40 minuti di spezzoni di dialoghi dal film e la canzone “Tengo Na Minchia Tanta“, risalente al 1982 e non in linea con il resto del disco. Queste ultime aggiunte, in particolare, non piacquero per niente ai fan, che definirono queste tracce come “penalty tracks“, ovvero, l’opposto di bonus.
Il primo CD di “Meat Light” presenta, quindi, l’intero album nella versione in cui apparve nei negozi nel 1969, con i mixaggi e l’equalizzazione originali e senza nessun contenuto bonus superfluo. La qualità sonora è molto buona, sicuramente superiore a qualsiasi altra versione in CD dell’album.
La seconda sezione di questo Project/Object è dedicata ad una prima versione del disco montata nel 1968. È molto interessante notare come, nel libretto, vi sia una citazione di Zappa risalente ad un’intervista di fine anni 60 per Rolling Stone, dove spiega come tutta la sua musica faccia parte di uno stesso ciclo e possa essere assemblata in diverse maniere e avere comunque senso. Non c’è modo migliore di definire questa versione dell’album: molte delle sezioni del disco, perfettamente coese nel suo risultato finale, sono qua sparpagliate in varie tracce, mantenendo comunque una logica. Per questo motivo, si tratta di una costruzione di estremo interesse che, comunque, oltre ad offrire qualche mixaggio alternativo, include anche alcuni interessanti frammenti dal vivo (“Whiskey Wah“, “The Whip“) che in seguito verranno esclusi dalla versione definitiva. Un altro momento degno di nota è “Cops & Buns“, già apparso in versione editata su “The Lost Episodes” nel 1996, un frammento di audio veritée nel quale si sentono dei poliziotti irrompere in studio durante una session perché una vicina si è lamentata del rumore: certe cose non cambiano mai.
Infine, le ultime 20 tracce di questo progetto, consistono in una serie di outtakes vari trovati nella Vault, tra cui mixaggi alternativi, versioni in pre-produzione di alcuni pezzi, field recordings, qualche composizione inedita e varie versioni alternative. Si tratta, probabilmente, della parte più affascinante dei tre CD e, tra le cose da segnalare, abbiamo “Exercise 4 Variant“, contenente temi in seguito sparpagliati per l’intero album (tra cui il “Main Title Theme“), un mixaggio di “Mr. Green Genes” con alcuni bellissimi fraseggi di chitarra solista completamente eliminati nella versione finale, le varie composizioni inedite (“1/4 Tone Unit“, “Tango“, “Sakuji’s March“, “Number 4“) e “Nine Types Of Industrial Pollution (Guitar Track, Normal Speed)” che, come spiega il titolo, contiene l’assolo di chitarra dell’omonimo pezzo, riprodotto però a velocità normale e isolato dal resto del contesto. Inoltre, per la prima volta dal 1969, viene finalmente ristampata la versione strumentale del 45 giri di “Dog Breath“, nella quale il tema viene eseguito dal sassofono e dalla chitarra.
Pur non essendo terribilmente dettagliato, il libretto offre comunque molti elementi di prestigio, tra cui una serie di foto inedite, citazioni sul metodo lavorativo di Zappa e alcune interessanti, ma non molto lunghe, note del polistrumentista Ian Underwood.
In definitiva, “Meat Light” è una delle migliori pubblicazioni di archivio di Frank Zappa e, chi ama “Uncle Meat“, sicuramente verrà stregato da questo documentario audio sull’album.
CHICAGO ’78
Un nuovo episodio della serie Vaulternative, che si occupa della pubblicazione di vari concerti dal vivo integrali dell’artista italoamericano, in questo caso, la seconda delle due esibizioni del 29 Settembre 1978 all’Uptown Theatre di Chicago. Oltre a Zappa, la formazione era costituita da Ike Willis (chitarra e voce solista), Denny Walley (chitarra slide, voce), Tommy Mars e Peter Wolf (tastiere), Ed Mann (percussioni), Arthur Barrow (basso) e Vinnie Colaiuta (batteria). Come per la maggior parte delle pubblicazioni Vaulternative, è un concerto che precedentemente non era disponibile ai fan nemmeno tra i circuiti bootleg/non ufficiali.
Questo concerto offre una performance molto energica che vede uno Zappa particolarmente ispirato alla chitarra e che, per giunta, ha una scaletta piena di rarità, tra cui “21“, esercizio ritmico rielaborato l’anno successivo all’interno della versione in studio di “Keep it Greasey” su “Joe’s Garage” sul quale Frank improvvisa un ottimo assolo di chitarra, “Sy Borg“, eseguita pochissimo dal vivo e un bellissimo momento improvvisativo, intitolato “Paroxysmal Splendor“, nel quale compaiono degli embrioni di “I’m A Beautiful Guy” e “Crew Slut“. L’album comprende anche eccellenti versioni di “Yo Mama“, “Village of The Sun“, “Little House I Used To Live In“, “Bamboozled by Love” l’intera “Yellow Snow” suite e “Black Napkins“.
Il concerto è presentato in maniera completa, senza alcun tipo di taglio e, a parte alcune brevissimi momenti presi da una cassetta attaccata al mixer, la qualità audio è davvero eccellente, merito anche dell’azzeccato mixaggio ad opera di Craig Parker Adams. Volendo, l’unica critica che possiamo fare è che questo doppio contiene alcuni pezzi (“Dancin’ Fool“, “Honey, Don’t You Want A Man Like Me?“, “Keep it Greasy“) che abbiamo già sentito troppe volte, in versioni che nulla aggiungono a tutte le altre. Tuttavia, sarebbe stato scorretto e decisamente non filologico rimuoverli.
Stavolta, il booklet è un po’ deludente: ci sono solo un paio di foto e un comunicato contenuto nel Tour Program del 1978. Inoltre, così come gli altri due album, la confezione di “Chicago ’78” è un digipak e il libretto è stato inserito nella stessa fessura di uno dei due CD, in una posizione molto rischiosa per entrambi.
Musicalmente, però, “Chicago ’78” è di alta qualità, sicuramente superiore alla relativa delusione che era stato “Halloween” (2003): un DVD-A contenente mixaggi surround di alcune selezioni dai mitici concerti al Palladium di New York di fine 0ttobre 1978, la cui scaletta si era rivelata abbastanza insoddisfacente comparata al materiale che era stato eseguito durante quelle serate.
LITTLE DOTS
Il 1972 fu un periodo interessante per Zappa. Dopo aver passato metà anno in sedia a rotelle a causa di un’aggressione da parte di uno squilibrato e aver inciso due album in studio (“Waka/Jawaka” e “The Grand Wazoo“), il compositore statunitense tornò finalmente sui palchi a settembre, con una prima serie di date assieme ad una big band di 20 elementi e una seconda in formazione ridotta a 10. Non fu, evidentemente, una fase della sua carriera che Zappa teneva in grande considerazione, dato che non utilizzò alcuna registrazione proveniente da questi due brevi tour in nessuna delle sue varie pubblicazioni d’archivio (la serie “You Can’t Do That On Stage Anymore“) e, ascoltando le registrazioni, è facile intuire il perché. Prima di tutto, gli arrangiamenti della musica erano spesso un po’ goffi e con aria di incertezza, come se non fossero stati pensati per questo tipo di composizioni e, sebbene le due formazioni fossero costituite da eccellenze, anche le performance, frequentemente, soffrivano dello sesso difetto. Il punto di forza di queste line-up erano senza dubbio le improvvisazioni, molto musicali e ben compatte, che però suonavano un po’ desuete nel contesto musicale di Zappa: erano infatti per la maggior parte jam abbastanza convenzionali, che spaziavano dal jazz al blues, al boogie.
In definitiva, possiamo considerare il 1972 come un periodo di rodaggio, nel quale il compositore voleva staccarsi dall’epoca Vaudevilliana con Flo & Eddie (1970-1971) e procedere verso quello che, in un certo senso, potremmo definire genericamente come la sua era jazz/fusion (1973-1974). Questo non significa certo che la musica eseguita durante quell’anno sia disprezzabile o non godibile: al contrario, proprio per queste caratteristiche, ci si trova davanti a materiale che può essere facilmente apprezzato anche da chi ama il jazz e il blues ma non ha particolare feeling con la musica di Frank Zappa. È bene notare come, in questo momento più che in altri, Zappa si sia servito anche di musicisti che erano già session man affermati prima di suonare con lui, tra cui il trombonista Tom Malone, il trombettista Malcolm McNab e il batterista Jim Gordon.
Nel 2007 venne pubblicato “Wazoo“, un concerto registrato a Boston il 24 settembre 1972, l’unico rinvenuto nella Vault del primo dei due tour. Per quanto riguarda il secondo, comunemente noto tra i fan come Petit Wazoo: sebbene, come già detto, Zappa non avesse mai utilizzato nessuna registrazione da questo periodo, ne compilò comunque alcune selezioni da poter inserire in qualche retrospettiva. Nel 2006 uscì un CD intitolato “Imaginary Diseases” che conteneva parte di quel materiale, con la promessa futura di un secondo volume comprendente il resto: qua entra in gioco questo “Little Dots” di cui ci accingiamo a parlare oggi.
La title–track di questo CD era, fino ad ora, l’unica composizione non improvvisata eseguita in quel periodo ad essere rimasta totalmente inedita. Il tema iniziale del pezzo sembra quasi essere assemblato in maniera casuale e spontanea, cosa smentita dal fatto che venga ripetuto esattamente uguale alla fine del pezzo, e suona molto come qualcosa che non stonerebbe in un repertorio free jazz. La parte centrale è composta da jam molto più facilmente assimilabili: in questa versione, tra le varie cose, possiamo gustare un ottimo duetto tra Gordon e Dave Parlato (basso) e due eccellenti assolo di Zappa e Tony Duran (slide guitar). Un altro brano significativo di questo tour è “Rollo“, le cui varie sezioni verranno in seguito rimaneggiate all’interno di “St. Alphonzo’s Pancake Breakfast” (“The Rollo Interior Area“) e, esclusivamente dal vivo, come ultimo movimento della “Yellow Snow Suite” (“Rollo Goes Out“), con un nuovo arrangiamento cantato. Nel 1972, la composizione cominciava con una sezione cantata mai più ripresa in futuro, per poi proseguire in una versione strumentale dei temi che abbiamo appena citato. In questa versione, il ruolo da leone è senza dubbio di Tony Duran, autore di un ottimo assolo di slide guitar; è interessante notare come, in un caso molto raro, Zappa si limiti alla chitarra ritmica in questa performance. Una versione di “Rollo” tratta da questo tour era già stata pubblicata su “Imaginary Diseases” ma, in quel caso, solo la sezione “Goes Out” era stata utilizzata: questo CD, invece, contiene la versione integrale del pezzo. C’è anche il primissimo arrangiamento del futuro classico “Cosmik Debris“, qua presentato come un blues classico senza particolari bizzarrie.
Come dicevamo prima, molto di questo CD è costituito da materiale improvvisato che risulta godibile ma abbastanza convenzionale. Un discorso a parte merita l’ultimo brano, “Columbia, S. C.”, diviso in due tracce; il concerto a Columbia del 5 novembre 1972 fu uno dei rari momenti in cui Zappa perse il controllo della situazione: qualche minuto prima dell’inizio, il trombettista Gary Barone e il batterista Jim Gordon vennero arrestati per possesso di droga. Invece di annullare l’esibizione, Zappa, con grande spirito di iniziativa, propose a Maury Baker, il batterista dell’artista di supporto (Tim Buckley), di suonare con lui quella sera.
La selezione qua contenuta è tratta dal finale di tale concerto e, nonostante le premesse, è di sicuro una delle più godibili del tour: la prima sezione è molto avanguardistica, quasi un richiamo ai Mothers of Invention degli anni ’60, mentre la seconda è molto più melodica e maestosa, con ottime prove chitarristiche di Zappa e Duran. Il sostituto Baker, che comunque era già un professionista, se la cava in maniera egregia, offrendo un playing di supporto con molto calore e gusto.
Il libretto è sicuramente il più curato di quello delle tre pubblicazioni e, oltre alle note del Vaultmeister Joe Travers, ci sono anche articoli di giornale e interessanti resoconti di Malcolm McNab e Maury Baker.
“Little Dots“, così come il suo predecessore “Imaginary Diseases“, è un prodotto che, all’interno del canone zappiano, risulta forse meno avventuroso e originale del solito ma che, in sé, è perfettamente apprezzabile e certamente di alto interesse per lo studioso. Inoltre, a differenza della maggioranza dei bootleg disponibili di questo periodo, la qualità audio, è straordinaria: non dimentichiamoci che è materiale assemblato, mixato e preparato da Zappa stesso.