Recensioni Internazionali 

Recensione di Buddy Guy – “Living Proof”

Amici, amanti del buon Blues!

Oggi come avremmo risposto al famoso discorso di Jake Elwood alla sua banda in “Blues Brothers 2000″?? :

“Mollate se volete, ma ricordatevi una cosa: mollare ora significa fuggire dal vostro talento, dalla vostra arte, dalla vostra vocazione e lasciare alle generazioni che verranno il vuoto di una musica tecno rimanipolata al computer, ritmi ormai sintetizzati, canzoni che inneggiano alla violenza e gangsta-rap, pop, spazzatura sdolcinata, slavata e smancerosa. Mollate pure se volete, ma se adesso decidete di fare così spegnerete per sempre le già deboli fiammelle del Blues, dell’R&B, del Soul e quando quelle fiammelle saranno ormai estinte, sarà la luce stessa del mondo ad estinguersi, perché la musica che ha commosso l’umanità per 7 decenni fino al nuovo millennio sarà morta e sepolta perché gente come voi l’ha abbandonata e trascurata” (cit.).

“Living Proof” è l’album di Buddy Guy, giudicato da un’artista come Eric Clapton il più grande bluesman vivente, (forse dimenticando l’immenso BB King che non è secondo a nessuno nel panorama del Blues appartenente alla “vecchia guardia”) uscito due anni dopo il suo ultimo lavoro “Skin Deep” verso la fine di Ottobre 2010.

Partendo dalla copertina devo dire che da l’idea di essere un album dall’aspetto “vintage”, rievoca quasi quegli anni nei quali Buddy si impegnava con illustri collaborazioni: Junior Wells, Muddy Waters, Howlin Wolf e tanti altri!

Ma l’aspetto più interessante è decisamente la musica:

01 – 74 Years Old
02 – Thank Me Someday
03 – On The Road
04 – Stay Around A Little Longer (feat. BB King)
05 – Key Don’t Fit
06 – Living Proof
07 – Where The Blues Begins (feat. Carlos Santana)
08 – Too Soon
09 – Every Got To Go
10 – Let The Door Knob Hit Ya
11 – Guess What
12 – Skanky

Prima di ascoltare, alcuni titoli colpiscono subito il mio sguardo. Fin dal primo non si può fare a meno di pensare che sia proprio una canzone autobiografica ed immediatamente saltano all’occhio anche le collaborazioni con BB King e Carlos Santana!
Sediamoci quindi, premiamo play sullo stereo e godiamoci questo disco fino in fondo.
Senza seguire la scaletta saltiamo tutto e andiamo dritti alla quarta traccia, direttamente verso l’incontro di due leggende viventi. 159 anni in due. Conoscendoli ci si poteva aspettare il solito blues tradizionale… ed invece no!
Una splendida ballad, azzarderei la migliore canzone dell’intero album, due stili e due voci diverse ma che si completano in un mix di emozioni che potrebbe far fantasticare, emozionare e perché no, commuovere un amante del genere.
Saltiamo nuovamente verso la settima traccia, bella canzone sulla scia di “Every Time I Sing The Blues”, suonata con Eric Clapton nell’album “Skin Deep”.
Ora potremmo seguire l’ascolto attraverso il naturale ordine dei brani nella tracklist; si comprende immediatamente che l’album segue la scia degli ultimi lavori di Buddy Guy: solito sound e tocco aggressivo, fisico, potente e trascinante. Quel tocco che ai puristi del Blues piace ma ai chitarristi “dal tocco sopraffino” farebbe gridare allo scandalo!
E la voce? Da una parte da la sensazione di essere ancora quella di un giovinotto, ma dall’altra fa rinascere tutte le bellissime atmosfere del vecchio Blues che pochi meglio di lui conoscono. Se volete un bluesman che reciti le proprie canzoni più che cantarle, attualmente, nessuno è meglio di Buddy Guy!
L’ascolto avanza… si susseguono blues tradizionali, Rock’n’Roll (consigliata “Too Soon” con l’importante presenza del tastierista dei Double Trouble Reese Wynans, gruppo del mai dimenticato Stevie Ray Vaughan) e ballad.
Assoli frenetici ed energici e quella maledetta voglia che ci farebbe balzare dalla poltrona, prendere la propria stratocaster collegarla all’ampli e cominciare “buddizzarci” nella propria stanza…

C’è tempo per ogni cosa, questo è il momento di dare la risposta alla domanda iniziale:

“Living Proof, Buddy Guy… perchè il Blues non morirà mai!”

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